I disturbi psicologici
Perché si chiede l’intervento di uno psicologo
Le “etichette” psichiatriche
A volte le persone usano questa espressione nel momento in cui richiedono una consulenza psicologica o una psicoterapia. Si raccontano attraverso termini “specialistici” che sono ormai entrati a far parte del linguaggio comune e che tutti, in qualche misura, abbiamo sentito e forse anche utilizzato nel linguaggio di tutti i giorni.
Chi non ha mai detto o non ha mai sentito dire frasi come “In questo periodo sono un po’ depresso” oppure “Che ansia!”, o ancora “I ragni non li posso proprio vedere, ho la fobia”?
Ansia, attacchi di panico, fobie, depressione, dipendenza, ecc.
Sono un modo di dare voce a qualcosa che viviamo e che non ci fa stare bene come vorremmo. Sono anche un modo per cercare di capire ciò che sentiamo, per cercare di comprenderlo un po’ meglio e per provare a comunicarlo agli altri.
A fronte di questo personale modo di vivere la sofferenza, non elencherò qui quelle etichette diagnostiche che vengono utilizzate per nominare la sofferenza psicologica. Nemmeno ne riporterò delle definizioni, che rischierebbero di appartenere più ai libri da cui sono prese che alle persone che stanno affrontando un momento difficile.
Altri “sguardi”
Una persona, in relazione a certi eventi e a certe esperienze, potrebbe trovarsi nella dolorosa situazione in cui non si riconosce più nella persona che pensava di essere fino a poco prima. Ha fatto, fa, o sente cose che ai suoi occhi non le appartengono, nelle quali appunto non si riconosce. A fronte di questa esperienza si potrebbe esprimere in termini di confusione, disorientamento, sull’orlo di un baratro, disperata. Qualcuno potrebbe interrogarsi sul proprio passato fino a mettere in dubbio aspetti molto importanti della propria storia, o rimanere bloccato di fronte a questa possibilità.
Immaginiamo anche il caso di trovarci di fronte a scelte importanti da compiere in un certo momento della nostra vita, di fronte a un bivio o ad un cambiamento imminente e non sapere che direzione prendere. Una persona potrebbe chiedersi: Quali scenari si apriranno? Come sarò io stesso dopo aver compiuto questa scelta? Sarò in grado o capace? Cosa cambierà con le persone più importanti? Ci si potrebbe sentire tanto spaventati da questa possibilità e da certe domande, da cercare di non compiere nessuna scelta, con tutto ciò che questo tentativo potrebbe comportare.
Potremmo sentire che gli altri ci vedono in un modo diverso da come ci vediamo noi, e non riuscire a mettere insieme le due visioni.
Anche il lutto di qualcuno di caro può rappresentare un momento di vita in cui alcune certezze vacillano, cambiano i punti di riferimento e ci si può sentire persi.
A fronte di tutto questo, ciò che a mio avviso interessa a paziente e terapeuta mentre lavorano insieme è la definizione che la persona stessa dà al proprio malessere, il senso che ha per lei, cosa le permette e cosa non le permette di fare. Per affrontare questa sofferenza la prima cosa da fare sarà cercare di comprenderla insieme.
In quest’ottica comprendere insieme la sofferenza è un modo per iniziare a collegare il presente e il futuro della persona, per cercare strade da percorrere che portino verso altre direzioni.
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